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Non Solo Aziende: La Reputazione Online Per Chi Cerca Lavoro

La reputazione online influenza le scelte dei datori di lavoro

Non è la prima volta che parliamo di web reputation e dell’impatto di quest’ultima sul potenziale rendimento di un’azienda. Ma, se i clienti hanno il potere di decidere della nostra immagine con pochi click, a volte è valido anche il contrario.
Durante il 46° congresso nazionale dell’Aidp, l’Associazione italiana per la direzione del personale, si è parlato molto di sviluppo aziendale tramite valorizzazione della persona. Il responso è stato diretto e semplice: il CV del futuro è il proprio profilo online. Non parliamo soltanto di profili curati e strutturati allo scopo di mettere in evidenza le proprie competenze, come quelli di LinkedIn, ma anche e soprattutto dei profili personali di FaceBook e Twitter, che sempre più spesso vengono consultati dai responsabili delle risorse umane nell’esaminare un curriculum.

La web reputation come vetrina

Esattamente come per le aziende, il profilo social di una persona è un vero e proprio biglietto da visita che i selezionatori non mancano di valutare. E, proprio come per le aziende, non essere presenti online non depone sempre a favore del candidato: voi vi affidereste ad un’azienda di cui non potete valutare le recensioni ma solo quello che essa decide di mostrarvi?
E non finisce qui: un contenuto compromettente può mettere a rischio anche collaborazioni consolidate, al punto che si sta sviluppando un vero e proprio filone giurisprudenziale per regolare i casi di licenziamento a seguito di contenuti pubblicati sui social. Frasi esplicitamente denigratorie nei confronti del datore di lavoro, ad esempio, sono considerate lesive per l’azienda e possono avere conseguenze anche gravi per i dipendenti, mentre la pubblicazione di foto del dipendente in situazioni ambigue o non condivisibili non è sempre motivo di licenziamento per giusta causa.

Nota positiva: se per le aziende sono i clienti a pubblicare opinioni e recensioni, nel caso dei dipendenti è l’interessato stesso a costruire la propria reputazione sulla base dei contenuti e dei commenti che sceglie di postare. Un po’ come dire che chi non ha nulla da nascondere non ha di che preoccuparsi.

E voi cosa ne pensate? È davvero lecito imporre delle regole sulla pubblicazione dei contenuti, pena la perdita del lavoro, da parte di un dipendente, o si tratta di una violazione della libertà di espressione?
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